lo scopo, esplicito soprattutto nel Principe, di scrivere qualcosa di utile e chiaramente espressivo lo induce a scegliere spesso modi di dire proverbiali di immediata evidenza. Il lessico impiegato dall'autore si rifà a quello boccacciano, è ricco di parole comuni e i latinismi, seppure abbondanti, provengono per lo più dal gergo cancelleresco. Nelle sue opere ricoprono un ruolo assai rilevante anche le metafore, i paragoni e le immagini. La concretezza è una delle caratteristiche salienti, l'esempio concreto ed essenziale, tratto dalla storia sia antica che recente, è sempre preferito al concetto astratto.
I concetti chiave del trattato sono pochi ma fondamentali: innanzitutto il principe deve avere una serie di virtù. Soprattutto deve separare la politica dalla morale. Egli deve essere consapevole che qualsiasi cosa va fatta per il bene dello stato, a prescindere dal bene e dal male individuale.
In tutto questo la fortuna gioca un ruolo fondamentale perché è la forza che può cambiare gli eventi da un momento all’altro.
La fortuna viene del resto concepita non come espressione della volontà e del disegno di Dio, ma in modo assai più laico come l'azione capricciosa del caso,
Le milizie cittadine, da Machiavelli polemicamente contrapposte alle soldatesche mercenarie che sono giudicate infide e inefficaci, fonte per lui dei principali problemi militari degli Stati italiani nel Cinquecento. La fortuna è poi paragonata da Machiavelli a una donna, per cui "è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla", affermazione in cui si vede la misoginia altrove espressa dall'autore nelle sue opere