La storia umana, politica e sociale, invece, insegna che ci sono due strade da prendere, immediatamente e senza esitazioni, al principio di una nuova epidemia. Innanzitutto, l’isolamento degli ammalati e l’interruzione di qualsiasi tipo di rapporto sociale ed economico all’interno e all’esterno della popolazione. Certo, ciò può comportare un costo economico molto elevato, ma il caso dell’epidemia di peste a Venezia del 1576 dovrebbe costituire un esempio e un monito imprescindibile. Il senato veneziano, quando si osservarono i primi casi di peste, esitò a promulgare le leggi di quarantena già ben strutturate per questo tipo di epidemia, per timore di ripercussioni sull’economia della città. Ebbene, quest’esitazione portò alla più ampia diffusione del contagio che portò alla morte un terzo della popolazione e mise ancora più in ginocchio l’intera città. Quindi, non si devono temere danni economici che l’esitazione non può che aggravare, ma si devono introdurre, istantaneamente, forme di contenimento e, allo stesso tempo, robuste forme di sostegno “statale” all’economia.
In secondo luogo, l’apparire di una nuova malattia infettiva deve far attivare, prontamente e nel modo più intenso possibile, la ricerca scientifica per nuovi farmaci e l’introduzione di un possibile vaccino. Ricordiamo, se ce ne fosse ancora il bisogno, che l’unica malattia infettiva “eradicata” è il vaiolo, guarda caso la prima malattia nei confronti della quale, storicamente, fu introdotto un vaccino efficace.