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LE FORME LETTERARIE DEL NOVECENTO
IL CREPUSCOLARISMO
Crepuscolari fu l’aggettivo con cui il critico G. A. Borgese definì un gruppo di poeti che operarono all’incirca nel primo ventennio del Novecento
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Il crepuscolo è il momento della giornata che segue il tramonto, è l’ora in cui si diffonde una luce tenue e morente.
I poeti crepuscolari:
derivano il loro nome dal gusto per la penombra e dall’amore per gli aspetti più grigi, meno appariscenti e meno luminosi dell’esistenza;
cantano le piccole cose di ogni giorno, gli oggetti e gli ambienti più banali, le abitudini, gli affetti e l’intimità di una vita senza grandi ideali;
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sognano il ritorno all’ingenuità dell’infanzia e aspirano a un’esistenza semplice, confortata dai valori della tradizione;
considerano con ironia anche il loro sogno di una felicità quieta, quasi modesta.
I più importanti sono:
Guido Gozzano, il più famoso
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IL FUTURISMO
Nei primi anni del ’900, nasce anche il movimento futurista.
I futuristi reagiscono alla caduta di ideali della loro epoca proponendo una fiducia fermissima nel futuro.
Fondatore del movimento futurista è Filippo Tommaso Marinetti che a Parigi, nel febbraio del 1909, pubblica il primo Manifesto futurista, che viene letto e discusso in tutta Europa.
Nel Manifesto futurista:
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si affermano gli ideali della forza, della vitalità, del dinamismo e dello slancio;
si spronano i letterati a comporre opere nuove, ispirate all’ottimismo e a una gioia di vivere aggressiva e prepotente;
si auspica una letteratura rivoluzionaria, libera da tutte le regole, anche quelle della grammatica, dell’ortografia e della punteggiatura.
I futuristi sperimentano nuove forme di scrittura per dar vita a una poesia tutta movimento e libertà:
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Fra i poeti che partecipano all’esperienza futurista, oltre a Marinetti, si ricordano:
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L'ERMETISMO
La poesia ermetica fu così chiamata nel 1936 dal critico Francesco Flora che con questo termine volle definire un tipo di poesia caratterizzata da un linguaggio difficile, a volte ambiguo e misterioso.
I poeti ermetici con i loro versi non raccontano, non descrivono, non spiegano, ma fissano sulla pagina dei frammenti di verità a cui sono pervenuti in momenti di grazia
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