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PRODOTTO AUDIOVISIVO (IL MONTAGGIO (REGOLE DI CONTINUITA' (L’esigenza…
PRODOTTO AUDIOVISIVO
L'INQUADRATURA
IL PUNTO DI RIPRESA
- L'inquadratura è l'insieme delle immagini (fotogrammi o frame) che si trovano tra un taglio e l'altro.
• Quando ci si vuol riferire alle singole immagini che compongono l'inquadratura, si utilizza il termine fotogramma / frame ;
• Se si vuol sottolineare l'elemento compositivo di un fotogramma/frame si può utilizzare il termine quadro
• La parola immagine è un termine più generico, piegabile a varie necessità comunicative, e che rimanda comunque al contenuto puramente visivo dell'inquadratura o di un suo fotogramma/frame. (fotogramma pellicola, frame video).
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• La grandezza scalare indica la dimensione che il soggetto umano occupa all'interno dell'inquadratura.
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• L'inclinazione indica l'angolo, solitamente parallelo, tra la linea dell'orizzonte e l'asse orizzontale della camera.
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• I movimenti di camera sono gli spostamenti operati dal punto di ripresa rispetto agli elementi dell'inquadratura.
Sul piano realizzativo, il punto di ripresa è scelto dal regista ed eseguito dall'operatore/cameraman con l'eventuale aiuto di personale ausiliario.
LE GRANDEZZE SCALARI
- A seconda della distanza apparente tra la camera e i soggetti inquadrati,
questi ultimi appaiono più o meno grandi.
- L'effetto di vicinanza o lontananza da un soggetto può essere ottenuto anche con l'utilizzo di diversi obiettivi. Per questo si parla di distanza apparente.
- Le dimensioni che figure o cose possono raggiungere dentro il quadro e che dipendono dalla distanza apparente della camera si chiamano grandezze scalari. Per facilitare la comunicazione sul tipo di inquadratura che si vuole ottenere si utilizza una nomenclatura che assegna un termine ad ogni grandezza. Le inquadrature dove prevale il soggetto si chiamano piani, quelle dove prevale l'ambiente campi.
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INCLINAZIONE DI RIPRESA
L'inclinazione del punto di ripresa indica l'angolo tra l'asse verticale della camera e la linea dell'orizzonte. L'inclinazione può essere:
• in piano, ovvero perpendicolare (90°);
• obliqua (da 90° a 180°), chiamata anche Dutch Angle;
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• capovolta (270°); la linea dell'orizzonte è perpendicolare rispetto all'asse di ripresa, ma i due semicampi che la linea separa sono scambiati.
MOVIMENTI DI CAMERA
PANORAMICA
- Le panoramiche sono i movimenti semplici che la camera realizza ruotando sul proprio asse verticale. Corrispondono, nella vita reale, agli spostamenti della testa quando si gira collo e sguardo, restando fermi col corpo.
• La panoramica può essere orizzontale (diviene circolare se compie un intero giro), verticale, obliqua. Se la camera compie un intero giro intorno al proprio asse orizzontale, si chiama rotazione. Quando una panoramica è realizzata molto velocemente (tanto da non vedersi quel che si sta riprendendo) viene denominata panoramica a schiaffo, quando segue in velocità un personaggio e lo sfondo sfuma, viene chiamata panoramica filata.
CARRELLATA
- Le carrellate sono movimenti semplici che la camera realizza senza
ruotare su se stessa, ma spostandosi.
- Corrispondono allo sguardo umano quando si cammina senza ruotare il
capo.
- Le carrellate si distinguono tra loro in base alla relazione che intercorre tra la camera e il soggetto ripreso. La carrellata indietro è il movimento che realizza la camera per accrescere la sua distanza dal soggetto. La carrellata avanti è il movimento che la camera realizza per diminuire la sua distanza dal soggetto. Lo zoom in è simile alla carrellata avanti e lo zoom out a quella indietro, e si ottengono per via ottica, senza dover spostare la camera. Per questo vengono anche chiamati carrellate ottiche.
MOVIMENTI COMPOSTI
I movimenti compositi combinano nei più svariati modi carrellate e panoramiche. Nei casi meno complessi i movimenti compositi possono essere assimilati ad esperienze reali, ad esempio quando ci si volta a guardare una persona (panoramica orizzontale) mentre si cammina avanti (carrellata). I movimenti compositi sommano gli effetti che i diversi movimenti semplici producono sul pubblico.
- I movimenti di camera sono inquadrature che variano al loro interno (quindi senza operare stacchi) angolazione e/o distanza e/o inclinazione e/o altezza.
• I movimenti di camera possono essere semplici o compositi. I movimenti semplici sono le panoramiche e le carrellate, quelli compositi sono costituiti da combinazioni di movimenti semplici
LA MESSINSCENA
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LA SCENOGRAFIA
- La scenografia risponde alla domanda: in quali luoghi fisici si svolgono le scene del film? Si tratta di ambienti veri (location) o ricostruzioni (set).
- Le location sono ambienti che esistono indipendentemente dal film: paesaggi, città, case...
- I set, sono ambienti interni, ma anche esterni, ricostruiti in studio.
- Le scelte scenografiche hanno una enorme importanza nel cinema, anche per quanto riguarda la fotografia. Il tono e il colore dominante di un film sono in larga misura determinati dal toni e dai colori dei set e delle location.
- Il termine scena, sul piano della scenografia, ha un significato diverso da quello utilizzato in sceneggiatura, dove rappresenta ogni segmento di storia caratterizzato dall’unità di tempo e di spazio.
- Quando si tratta di scenografia, invece, per scena si intende tutto ciò che è visibile allo spettatore dello spazio in cui si svolge l’azione.
- La scenografia è dunque l’insieme degli elementi visibili sulla scena ad esclusione dei personaggi: paesaggi, costruzioni, case, locali, arredi, oggetti, strade ecc. Ma non costumi, trucco ed accessori, dato che essi appartengono ai personaggi.
- La scenografia nella fiction cinetelevisiva è di derivazione teatrale.
- Le differenze però sono notevolissime. La principale è che a teatro non vi è alcuna ambizione di rappresentazione realistica dello spazio.
- Al contrario, nelle fiction cinetelevisive, il lavoro dello scenografo è tanto più efficace quanto meno è evidente. Nella gran parte dei casi, in un film ciò che è finto deve sembrare vero.
TIPI DI SCENOGRAFIA:
- Scenografie d’epoca
- Scenografie contemporanee
- Scenografia di fantasia
- Scenografie soggettiviste
AMBIENTAZIONE
- L’ambientazione è già data in fase di sceneggiatura. Non a caso, a capo di ogni scena, a fianco della denominazione del luogo, c’è sempre scritta l'indicazione interni o esterni.
- Per interni si intendono le scene che sono ambientate al chiuso, per esterni quelle che sono ambientate all’aria aperta. La realtà però è diversa: quelle indicazioni servono a determinare cosa si deve far credere al pubblico, non a stabilire il vero luogo di svolgimento dell’azione.
- I professionisti della scenografia hanno a disposizione due modalità fondamentali di lavoro: costruire il luogo in maniera fittizia, ed è l’allestimento, o girare in luoghi veri, le location. Tra queste due alternative ci sono varie modalità intermedie. Negli ultimi vent'anni in varie tipologie di film, l'allestimento fisico è stato sostituito o integrato dalla ricostruzione digitale.
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COSTUME
FUNZIONI
- Il costume contribuisce in maniera determinante alla caratterizzazione dei personaggi.
- Il costume non veste però solo i protagonisti, ma anche i personaggi secondari e la massa delle comparse: per questo concorre a rendere credibile il mondo creato dal film.
PARTI
- Indumenti. Le caratteristiche degli indumenti del costume sono: foggia, materiale, colore, taglia.
- I copricapi rivestono nel cinema un’importanza superiore a quella che esercitano nella vita reale. Se un personaggio indossa spesso nel film un certo copricapo, questo ha buone possibilità di divenire una sua parte inscindibile.
- Le calzature tendono a non essere valorizzate dal cinema: la maggior parte dei piani le esclude, e quando sono in campo l’attenzione del pubblico è rubata dalle azioni dei personaggi, che coinvolgono quasi sempre la parte superiore del corpo. Le calzature vengono notate quando il regista vuole che ciò avvenga, inquadrandole con dei Particolari.
- Gli accessori sono tutti quegli elementi, solitamente oggetti, che il personaggio abitualmente porta. Si dividono in accessori funzionali (orologi, borse, ombrelli, bastoni, sciarpe, guanti, cinture, bretelle, occhiali ecc.) e accessori ornamentali (collane, orecchini, anelli ecc.). Anche le armi, se sono portate usualmente dal personaggio (altrimenti sono oggetti di scena), sono considerate accessori.
- Attraverso le scelte di costume si comunicano numerose informazioni e si contribuisce in maniera decisiva alla caratterizzazione di personaggi ed ambienti.
- Non mancano in ambito cinematografico costumi completamente fantasiosi, ma sono confinati in determinati generi, come il fantasy e il fantascientifico e in ogni caso devono contribuire a costruire un mondo visivamente coerente.
Le tipologie del costume possono essere suddivise in tre categorie:
- Costume d’epoca: tutti quei costumi che si ispirano ad un’epoca storica precedente a quella in cui il film viene realizzato.
- Costume contemporaneo: i costumi contemporanei alla realizzazione del film.
- costume di fantasia: tutti quei costumi che, pur ispirandosi a periodi storici o ad altri film, contribuiscono alla visualizzazione di un mondo altro.
TRUCCO E ACCONCIATURA
Il trucco è l’insieme di tutti quegli interventi che servono a modificare la resa visiva della pelle, mentre l’acconciatura riguarda tutte le operazioni che coinvolgono i capelli del personaggio, sia quelli veri sia quelli delle parrucche che eventualmente indossa (necessarie se l’acconciatura è complessa). La loro elaborazione è in strettissima connessione con il costume.
LA RECITAZIONE
La recitazione è l’insieme delle azioni che l’attore compie nel fingere di essere il personaggio del racconto. La recitazione, insieme alla narrazione, è la base minima della drammaturgia, sia quella teatrale che cinematografica che conta sulla totale mobilitazione del corpo dell’attore.
- Il movimento. L’attore si muove nello spazio dell’inquadratura: da un lato all’altro di una stanza, lungo una strada, salendo in auto.
- La gesticolazione. La gesticolazione è l’insieme dei movimenti degli arti superiori.
- La mimica. La mimica è l’insieme dei movimenti del volto.
- La voce.
- La fisionomia è pure un elemento decisivo della recitazione: non solo perché la fisicità di un attore può essere più o meno adatta per un certo ruolo, ma anche perché egli può lavorare sulle caratteristiche del suo volto e del suo corpo.
IL MONTAGGIO
REGOLE DI CONTINUITA'
- L’esigenza di preservare l’impressione di continuità tra inquadrature diverse che descrivono la stessa azione pervade ogni momento della realizzazione cinetelevisiva.
- Per quanto riguarda il montaggio vi sono regole di carattere generale che assicurano una visualizzazione coerente e fluida: i film sono fatti di tante inquadrature diverse e la necessità di non far apparire salti e di rendere tutto chiaro spetta in gran parte al montaggio. Si tratta certamente di regole interne alla logica del montaggio invisibile, ma sono presenti in diversa misura in tutte le opere cinetelevisive.
- Quando due soggetti si relazionano stabiliscono tra loro un asse che prende il nome di linea d’azione e delimita due campi. La regola dei 180°prevede che, per mantenere la continuità visiva, la camera possa riprendere svariate inquadrature dei soggetti, variando distanza, altezza e angolazione, ma sempre all’interno dello stesso campo.
CUT ED EDITING
- Dopo che sono state effettuate le riprese, il girato passa al montaggio.
- Le inquadrature che verranno scelte per far parte del film subiranno dei tagli e verranno attaccate ad altre inquadrature.
- I tagli non sono mai casuali e sono connessi con l'inquadratura che precede e che segue. Ogni inquadratura ha insomma una testa ed una coda che devono unirsi alla testa e alla coda di altre due inquadrature.
- L'attacco è dunque il passaggio tra la coda di un'inquadratura e la testa dell'altra, ovvero è il risultato dell'unione di due tagli.
- Il tagliare (cutting) e l'attaccare (editing) sono operazioni concettualmente separate, anche se nei fatti concomitanti.
- Tagliare ha più a che fare con la durata di una inquadratura e influisce sul ritmo, attaccare ha più a che fare con la creazione di un significato o di un effetto nuovo, nati dall'accostamento di due inquadrature.
SCHEMI
- Gli schemi di montaggio sono delle convenzioni attraverso le quali vengono tradotti determinati passaggi narrativi.
- Non si tratta di regole, ma di costrutti piuttosto duttili (possono essere costituiti da un numero variabile di inquadrature e dai più diversi tipi di attacchi) e sufficientemente generici da poter essere impiegati in maniera creativa ed originale.
- Vengono in genere previsti e realizzati dal regista e finalizzati nel montaggio. Si tratta dunque, in realtà, di schemi misti regia/montaggio.
- Lo schema reattivo si costruisce in due tempi: le riprese di un’azione compiuta da uno o più individui (un gesto, una battuta, un ritrovamento, una lotta, un incontro, ecc.), cui seguono uno o più stacchi su uno o più testimoni che reagiscono visibilmente all’accaduto (ad esempio con esclamazioni, smorfie, grida ecc.).
- L'ordine può essere invertito per suscitare curiosità. Oppure le reazioni possono essere inframezzate all'azione, in modo da sostenerla.
RACCORDI
- Quando si uniscono due sequenze vi è un salto di tempo e/o di luogo e anche di azione.
- L’attacco che le unisce non è come quello interno alle sequenze (quindi tra inquadrature), che tendenzialmente non vuol farsi notare.
- Al contrario, il raccordo solitamente sottolinea il salto temporale/spaziale/d’azione, ma allo stesso tempo garantisce la continuità del racconto.
- I raccordi possono essere per stacco, cioè con un passaggio secco da un’inquadratura all’altra, oppure per transizione, ovvero con un effetto che consente un passaggio graduale tra sequenze.
- Raccordo di risposta
- Raccordo per contrasto
- Raccordo di continuità
- Guardando un'opera cinetelevisiva il pubblico ha una impressione di continuità e non si accorge che il film è costituito da una serie di pezzi: le inquadrature.
- Tra due inquadrature c'è sempre un taglio, uno stacco, il passaggio invisibile tra un segmento di ripresa e un altro. In un film ci sono centinaia di inquadrature diverse, e centinaia di stacchi.
- Il montaggio è il linguaggio che si incarica di unire tutte queste inquadrature in modo da ricostruire e rafforzare il senso del racconto.
- Il montaggio permette di costruire una narrazione unendo le diverse inquadrature.
- Di solito il pubblico, nel fruire di un film o di un programma televisivo, non si accorge che l’opera è formata da una serie di pezzi e ne ricava, in generale, un’impressione di continuità.
- Tra due inquadrature, però, v’è sempre uno stacco, il passaggio più o meno invisibile tra un segmento di girato e un altro o tra il segnale di una camera e quello di un’altra. In un film o in un programma tv ve ne sono a centinaia. Questi stacchi non sono mai casuali, ma obbediscono a precisi codici.
- Nei primi anni di vita del cinema il montaggio non esisteva: i film erano una sorta di teatro filmato.
- Con l'affinarsi del linguaggio cinetelevisivo si è affermato il découpage, ovvero la scomposizione della scena in tante inquadrature originate da diversi punti di ripresa e la loro successiva ricomposizione.
- La scomposizione avviene nella fase della realizzazione coordinata dal regista.
- Nella successiva fase di montaggio avviene la ricomposizione di quei pezzi di scena in modo da ricostruire un racconto fluido, apparentemente senza stacchi. Si tenga presente comunque che a volte le azioni sono riprese senza frammentarle in più inquadrature attraverso long take e piani sequenza.
- Il piano sequenza è una lunga inquadratura, quindi senza stacchi, che riprende una o più scene che normalmente sarebbero raccontate con più inquadrature.
- La gran parte dei film riservano le prime scene alla descrizione di ambienti e personaggi, così il pubblico può apprezzare e comprendere meglio gli avvenimenti successivi. Dato che il piano sequenza fa coincidere tempo reale e tempo cinematografico, può prestarsi bene a mettere in scena l’esistenza dei personaggi e la loro quotidianità con un forte impatto realistico. Per questo alcuni film lo utilizzano come "introduzione", in apertura.
- Il piano sequenza si distingue dal long take che invece è una inquadratura della durata inusuale, ma non l'unica all'interno di una determinata scena.
- Nei programmi tipicamente televisivi il racconto è frammentato attraverso l’azione simultanea di più camere disposte in modo tale da garantire la ripresa da più punti di vista.
- La ricomposizione avviene in sala regia quando si decide il segnale di quale camera mandare in onda. Vi sono diverse tipologie di opere televisive, però, che non sono riprese in multicamera, ad esempio spot, videoclip, servizi, reportage...
- Il montaggio invisibile è uno stile di montaggio che si propone di non far notare al pubblico l’esistenza di tagli all’interno della sequenza, assicurando la totale chiarezza e unicità dell’opera.
- Il montaggio discontinuo è uno stile di montaggio che rende evidente il proprio intervento per sottolineare, sintetizzare o commentare un passaggio narrativo. Il montaggio invisibile è la modalità di gran lunga più diffusa nella storia della fiction, anche se è stata messa in discussione dalle avanguardie degli anni ’20, dalla Nouvelle Vague degli anni ’60 e dal cinema indipendente degli anni ’90.
IL SONORO
LA MUSICA
- La musica, come linguaggio e come opere, ha una storia ben più antica di quella dell’immagine in movimento.
- La gran parte delle persone la considera parte integrante della propria esistenza: si può incontrare gente a cui non piace il cinema, ma trovare qualcuno che non ascolti nessun tipo di musica è quasi impossibile.
- Che la tradizione e il linguaggio musicali siano usciti rafforzati dal loro incontro con il cinema può essere oggetto di discussione, ma non vi è dubbio dell’opposto. Il contributo della musica al film (e poi alla televisione) lo ha reso una tipologia di opera dall’attrattiva potente e lo ha arricchito di possibilità espressive che ancora, probabilmente, non sono state del tutto esplorate.
- Il linguaggio cinetelevisivo e quello musicale teoricamente avrebbero ben poco a che vedere l’uno con l’altro: il primo è legato ad eventi e personaggi, il secondo è astratto, il primo è intrinsecamente narrativo, il secondo è quasi sempre antinarrativo. Ma, forse proprio per questa radicale diversità, raramente si sono visti matrimoni tra linguaggi così ben riusciti. La musica interviene sul visivo rafforzandolo, accompagnandolo, commentandolo e a volte contraddicendolo e svelandone così degli aspetti più profondi.
- Le funzioni che la musica può ricoprire nelle opere cinetelevisive sono sostanzialmente tre: empatica, contrappuntistica, anempatica.
- Empatica: emozioni personaggi sostiene le immagini.
- Contrappuntistica: fa da distanziamento con ciò che vediamo.
- Anempatica: indifferente alle immagini.
NEI PROGRAMMI TELEVISIVI
- Nei programmi tipicamente televisivi l’accoppiamento dell’audio con il video è più lineare, ma la sua importanza è maggiore.
- È impossibile immaginare degli show, anche quelli di tipo informativo, senza musica.
- La musica iniziale e quella finale sono inglobate in un blocco grafico musicale chiamato sigla. Le musiche sono orecchiabili, costruite in modo da essere facilmente e piacevolmente memorizzate, e con ciò contribuiscono a fidelizzare il pubblico.
-La ripetizione di uno stesso motivo (chiamato jingle) aiuta anche a distinguere i vari blocchi del programma e/o a rientrare dalla pubblicità.
LA VOCE E IL RUMORE
- Si potrebbe pensare che in un film la voce valga solo come portatrice dei dialoghi previsti in sceneggiatura, e che del rumore, così come nella vita reale, si potrebbe fare volentieri a meno. In realtà, questi due elementi assumono un ruolo fondamentale: la voce è da considerarsi come la straordinaria espressione di uno strumento molto particolare; e se i rumori presenti nelle opere cinetelevisive sparissero, ne sentiremmo il vuoto, e il visivo perderebbe di profondità e credibilità.
- Le voci umane costituiscono all’interno del sonoro cinetelevisivo l’elemento che più attrae l’attenzione.
- La ragione è dovuta al loro alto contenuto informativo. Anche nella vita reale tendiamo a prestare immediata attenzione, tra tutti i suoni, a quelli emessi da fonte umana. Il cinema e la televisione si adeguano a questa realtà fisiologica privilegiando la voce su qualsiasi altra emissione.
- Le tipologie di voci presenti nei film, tutte egualmente importanti, sono: le voci narranti, i dialoghi e le espressioni vocali non verbali.
- Per rumore non si intendono degli eventi acustici necessariamente fastidiosi, ma tutti quei suoni, piacevoli o meno, che non siano musiche o distinguibili voci umane.
- Se una voce umana si somma ad altri suoni o voci senza poter essere differenziata nella sua individualità, è considerata rumore.
- Nella gran parte dei casi il rumore non è extradiegetico e nemmeno empatico: è condannato ad un ruolo apparentemente anempatico, indifferente rispetto agli eventi.
- I rumori nelle opere cinetelevisive possono essere distinti in suoni d’ambiente ed effetti sonori.
- Il sonoro accorpa due linguaggi, ambedue importanti componenti del macrolinguaggio cinetelevisivo.
- Uno è quello delle voci e dei rumori: può apparire strano considerarlo un linguaggio, eppure un’opera può esprimere certi passaggi narrativi e rappresentare ambienti e personaggi, anche solo valorizzando alcuni suoni o sopprimendone altri, modulandoli o raggruppandoli ecc. Anche se pochi se ne accorgono, un film è anche un concerto di suoni, il cui impatto sulla percezione soggettiva del racconto è straordinariamente forte.
- L’altro linguaggio sonoro presente nella gran parte dei film è la musica.
Nei film, la musica svolge funzioni diverse e fondamentali, anche se vi sono opere che ne fanno a meno. Il pubblico però vi è talmente abituato che la sua assenza non lascia indifferenti.
- Il linguaggio cinematografico ai suoi inizi era muto. Fino alla fine degli anni ’20, per riferire i dialoghi e chiarire alcuni passaggi narrativi venivano ogni tanto collocate delle didascalie.
- Nella gran parte dei casi comunque i film erano accompagnati da musica dal vivo, ovviamente non sincronizzata. L'introduzione del sonoro a partire dal 1927 segnò una serie di grandi cambiamenti nel linguaggio cinematografico, ad esempio permettendo una maggiore complessità della sceneggiatura, grazie all'introduzione dei dialoghi, e rendendo meno teatrale la recitazione.
- Vengono chiamati diegetici tutti quei suoni che appartengono all’universo narrativo del film ovvero tutti quei suoni che sono uditi dal pubblico quanto dai personaggi.
- Sono chiamati extradiegetici (o over) i suoni che non fanno parte della scena e la cui fonte è situata fuori dalla storia.
- La sorgente sonora dei suoni diegetici è potenzialmente visibile, il che non significa che lo sia sempre.
- Nelle inquadrature in cui la si vede si dice che il suono diegetico è in (o in campo), altrimenti è off (o fuori campo).