CAP. XIII PROMESSI SPOSI: ANALISI
Rappresenta il secondo atto della vicenda milanese di Renzo.
i personaggi principali del capitolo
Le forme linguistiche
la struttura del capitolo
Assedio della folla al palazzo del vicario di Provvisione.
Arrivo di Ferrer e soccorso al vicario.
PROLOGO: narrazione "in soggettiva", cioè dal palazzo del vicario di Provvisione e attraverso le apprensioni di quest'ultimo per i tumulti popolari.
EPILOGO: Ferrer e il vicario si allontanano dalla folla.
Partecipazione e giudizio dell'autore che si manifestano attraverso interventi diretti e indiretti.
Doppio registro linguistico di Ferrer
Interventi diretti: descrizione della composizione della massa popolare, esprimendo condanne e apprezzamenti.
Interventi indiretti: punto di vista dell'autore su alcuni personaggi e attraverso tecniche espressive quali l'aggettivazione (il vicario sventurato, il vecchio malvissuto)
Uso alternato di italiano e spagnolo: ad ognuna delle due lingue viene affidato un compito diverso.
Italiano: comunicazione e diplomazia.
Spagnolo: verità e pensiero personale.
Il capitolo costituisce un'unica macrosequenza in cui si racconta l'attacco alla dimora del vicario di Provvisione e la liberazione di quest'ultimo ad opera di Ferrer: all'interno di essa, tuttavia, è possibile distinguere una serie di sequenze, di lunghezza variabile, che costituiscono i diversi momenti dell'azione.
All'interno di questa macrostruttura, tuttavia, è possibile distinguere una serie di sequenze, di lunghezza variabile, che costituiscono i diversi momenti dell'azione.
- LA FOLLA: vera protagonista degli avvenimenti. Di essa si mettono in luce le due "anime": quella formata dagli estremisti violenti e, al suo posto, quella costituita dai più moderati. Nel mezzo si colloca la massa, il "corpaccio" pronto a farsi trascinare e a essere strumentalizzato.
- FERRER: è detentore del potere. La sua fisionomia interiore è però più complessa di quella del vicario. Rispetto al capitolo dodicesimo - dove era bersaglio dell'ironia del narratore per le sue scelte economiche assurde e demagogiche - è ora presentato in una luce più positiva, dettata dal compito (salvare un uomo) che egli si assume; anche se, accanto a espressioni di approvazione rimane in giudizio limitativo. Tuttavia, l'aspetto dominante del personaggio è quello dell'astuzia diplomatica, della demagogia con cui conquista facilmente e mantiene il favore popolare: è l'uomo che distribuisce sorrisi e parla due lingue, metafora abbastanza esplicita dell'ipocrisia che anima il personaggio.
- IL VICARIO: è presente nella parte iniziale e in quella conclusiva del capitolo. Egli è un uomo di potere colto in una circostanza particolarmente drammatica: pur non essendo lui stesso esente da responsabilità, sta infatti per scontare colpe commesse da altri. La sua reazione al pericolo incombente si esprime in una serie di gesti sconnessi e grotteschi che svelano la sua pusillanimità.
- RENZO: non è ancora protagonista, ma certamente la sua presenza non è più casuale o dettata da semplice curiosità. Anche se i personaggi centrali sono altri (Ferrer, la folla), il narratore non rinuncia ad approfondire la psicologia di Renzo, del quale evidenzia sia lo spontaneo coinvolgimento nella sommossa sia la profonda esigenza di giustizia, connaturata al suo carattere e già emersa altrove (contro don Rodrigo e le sue trame).
La rappresentazione fisica è ridotta a due aggettivi che ne suggeriscono lo stato d'animo. Alla fine del capitolo, la paura che finora ha attanagliato il vicario sembra attenuarsi alla vista del salvatore, Ferrer, alla toga del quale egli resta tuttavia "rannicchiato, attaccato, incollato". Anche durante il viaggio in carrozza, il vicario resta muto di fronte alle considerazioni di Ferrer. La drammatica esperienza appena vissuta lo ha posto infatti in una dimensione del tutto estranea alla politica che trova espressione nella battuta conclusiva.
Sebbene i "partigiani della pace", contrari a un'esecuzione immediata del vicario, riescano ad avere la meglio sui "furiosi ostinati", la rappresentazione della folla mantiene la sua connotazione negativa. Per Manzoni infatti la massa non è mai custode di valori: non sono la razionalità e il buon senso a guidarla, ma le opinioni affrettate, i pregiudizi, l'impulsività. In essa, facilmente suggestionabile e pronta a seguire chi grida più forte, l'individuo perde la propria lucidità di giudizio e la propria autonomia di decisione.
Renzo pur condividendo i pregiudizi comuni (che vogliono il vicario responsabile della carestia), non perde la sua naturale bontà, il suo orrore per il sangue e la violenza, la sua profonda adesione alla dottrina cristiana. Le parole che esprimono le sue posizioni moderate avviano quel processo particolare che condurrà Renzo, durante l'avventura Milanese, a essere ripetutamente scambiato per chi non è. Il giovane si salva per caso, o sarebbe meglio dire per un intervento provvidenziale, che gli consente di spostarsi vicino alla carrozza di Ferrer. Quest'ultimo finisce per incarnare, agli occhi dell'ingenuo montanaro, il simbolo stesso della giustizia, in cui le vicende pubbliche e le sue personali si confondono e che costituirà il tema del prossimo capitolo.