L’Europa, più di ogni altro continente, uscì devastata dalla Seconda guerra mondiale. La frase “niente fu più come prima” dipinge bene la profonda ferita aperta tra il 1939 e il 1945: oltre 50 milioni di vittime (la maggior parte civili), il genocidio degli ebrei, i massacri indiscriminati, i bombardamenti e la bomba atomica. Alle perdite umane si sommavano quelle materiali: di grandi città e persino intere regioni europee non resta-vano che cumuli di macerie; strade, ferrovie, coltivazioni e fabbriche si presentavano in situazioni disastrose. Inoltre milioni di persone subirono l’emigrazione forzata a causa dei cambiamenti di confine, perdendo così quel poco che era rimasto loro dopo la guerra.
L’unica nota positiva, decisiva per il futuro dell’Europa e del mondo, era la de-finitiva sconfitta del progetto antidemocratico e totalitario che Hitler voleva realizzare. Sul continente europeo, da cui era partita l’avanzata del nazifascismo, si giocava ora la partita per stabilire gli equilibri politici ed economici del mondo. Eppure i primi a essere tagliati fuori dai “ruoli di comando” furono proprio i paesi europei; infatti anche Stati vincitori come Francia e Gran Bretagna dovevano fare i conti con le pesantissime conseguenze della guerra. L’Europa, divisa in una zona occidentale sotto il controllo degli Usa e una zona orientale sotto il controllo dell’Urss, si presentava come uno spec-chio fedele del sistema bipolare ad alta tensione che di lì a breve si sarebbe imposto a livello internazionale: Stati Uniti contro Unione Sovietica.