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La crisi del Trecento. Le conseguenze economiche della peste. [Fonti:…
- La crisi del Trecento. Le conseguenze economiche della peste. [Fonti: Storia e storiografia, Codovini, Desideri; Passaggi, M. Gotor]
Il calo del prezzo dei cereali per cui, alla diminuzione dei consumatori, seguì una minore domanda, quindi un declino dei prezzi.
La diminuzione delle rendite (che derivavano da affitti e censi) in conseguenza dello spopolamento delle campagne.
L'aumento dei salari, dovuto essenzialmente alla difficoltà di reperire manodopera tanto nelle città che nelle campagne, dove venivano ridotti i canoni che gravavano sulla terra.
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Come si può immaginare, i nobili tentarono delle contromisure per arginare i danni dovuti alla diminuzione della rendita della proprietà signorile (per le ragioni esposte nel ramo color pesca).
O si vietava l'aumento dei salari, o aumentarono i canoni di affitto, introducendo nuove tasse e aumentando le corvées (con l'effetto di un certo immobilismo).
Molti signori vendettero le proprietà agricole e si trasferirono in città (inurbamento) per avere funzioni ecclesiastiche e amministrative.
Coloro che scelsero di continuare l'attività produttiva decisero di destinare molti campi ai seguenti usi:1) l'allevamento, dato che i prezzi dei prodotti di origine animale resistevano meglio alla recessione; 2) prodotti di nicchia come vino e olio; 3) coltivazione di piante per uso industriale come canapa, luppolo, cotone, lino e seta.
LE RIVOLTE RURALI
Nel 1358 un gruppo di contadini de l'Île-de-France (comprendente Parigi) assaltò residenze di nobili e castelli, dando vita a un movimento violento causato dalla penuria alimentare. La rivolta antisignorile prese il nome di jacquerie, dal soprannome col quale i nobili chiamavano i contadini, Jacques Bonhomme.
In Inghilterra, la rivolta scoppiò nel 1381 in seguito all'imposizione della poll-tax o capitazione, una tassa personale sugli abitanti di età superiore ai 15 anni. Migliaia di contadini marciarono su Londra, capeggiati da un prete ribelle, John Ball che proclamava l'assoluta uguaglianza fra gli uomini e quindi la costituzione di terre e diritti comuni. La rivolta fu sanguinosamente repressa dai soldati.
Nonostante la miseria comune, i gruppi che guidarono le proteste cittadine e i tumulti nelle campagne non riuscirono ad allearsi, anche per questo le rivolte si esaurivano in breve tempo e non si propagavano su larga scala.
E LE RIVOLTE CITTADINE
Proprio prendendo spunto dalla protesta contadina, a Parigi vi fu una protesta di mercanti e artigiani, capeggiata da Etienne Marcel a capo della corporazione dei mercanti. La protesta fu soffocata dai nobili in pochi giorni.
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Anche a Firenze la rivolta interessò i lavoratori (e fu compimento delle antiche lotte fra le arti e i ceti). Nel 1378 gli scardassieri della lana, detti Ciompi, si ribellarono per protesta contro lo sfruttamento del loro lavoro (turni molto lunghi), avanzando richieste politiche e ottenendole. In breve, anche tale movimento fu represso nel sangue e le conquiste politiche furono cancellate dai magnati della città. Tornò il vecchio governo oligarchico.
E' interessante notare che le circostanze favorirono la nascita di nuove aziende rurali: spesso ci si impossessava di terre lasciate libere da famiglie morte di peste e si diventava coltivatori indipendenti.
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In Inghilterra, a differenza della Francia, la rivolta aveva avuto anche un risvolto religioso: i lollardi (da lollen, pregare a bassa voce) erano una setta religiosa popolare dei Paesi Bassi e in Inghilterra questo nome indicava seguaci di un professore di teologia a Oxford, John Wycliff che sosteneva la povertà evangelica.
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I provvedimenti a favore dei datori di lavoro e contro i lavoratori ebbero, come effetto, numerosi movimenti di protesta: tumulti cittadini e moti contadini. Si aggiunga l'aumento del prelievo fiscale reso necessario dalle guerre.
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