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CAP. XII PROMESSI SPOSI: I FATTI (1. RAGIONI DELLA CARESTIA…
CAP. XII PROMESSI SPOSI: I FATTI
1. RAGIONI DELLA CARESTIA
Cause naturali
: a causa del cattivo tempo nel 1627 e 1628 si hanno raccolti molto scarsi.
Responsabilità umane
: sperpero e spese inutili della guerra di Mantova e del Monferrato (introdotta già nel cap. V). A causa di questo conflitto sono state imposte tasse troppo alte e si sono sottoposte le terre alle devastazioni delle truppe alloggiate nei paesi.
Prima ancora che il già scarso raccolto sia stato riposto nei granai, esso è depredato dalle tasse. Conseguenza inevitabile è l'aumento del prezzo del grano e del pane.
Si diffonde ben presto la voce (del tutto infondata) che il grano c'è in abbondanza, ma è accaparrato e nascosto da fornai e incettatori che lo rivendono a prezzo maggiorato.
Il popolo di Milano chiede a gran voce ai magistrati dei provvedimenti contro i presunti incettatori e qualcosa viene fatto, come fissare il prezzo massimo di alcune merci, imporre a tutti di vendere, ma questo ovviamente non risolve il problema della carestia e non fa saltare fuori il grano che non c'è.
Nel frattempo la città di Milano è amministrata da provvisoriamente da Antonio Ferrer. Egli pensa che sia giusto far sì che il pane abbia un prezzo ribassato, quindi fissa per legge un calmiere (un tetto massimo) sul prezzo del grano, come se questo si vendesse a 33 lire il moggio, mentre in realtà di vende sino a 80 lire.
Il popolo affamato pretende l'immediata esecuzione del provvedimento e accorre in massa ai forni, per acquistare il pane a prezzo ribassato. I fornai ovviamente protestano, ma le pene minacciate dai magistrati e l'assillo della folla li obbligano a produrre pane in continuazione, anche perché i popolani intuiscono che tale legge è contraria alle dinamiche del mercato e non durerà a lungo.
2. SCOPPIO DELLA RIVOLTA
Il governatore dello Stato di Milano, don Gonzalo Fernandez de Cordoba, (impegnato nell'assedio di Casale), per far fronte alla difficile situazione venutasi a creare con il calmiere, nomina una commissione di magistrati alla quale dà il compito di fissare il giusto prezzo al pane.
I magistrati riuniti prendono l'unica decisione logica: rincarano il prezzo del pane in precedenza ribassato.
11 novembre: il popolo (sotto consiglio di presunti oratori) occupa le strade di Milano, scoppia la rivolta.
Sentimento di rabbia verso i fornai, accusati di nascondere il pane.
Assalto al forno delle Grucce. Il capitano della giustizia (chiamato ad intervenire) tenta inutilmente di placare la folla. I popolani riescono invece ad entrare violentemente all'interno del forno, portano via il pane, rubano il denaro in cassa e prendono i sacchi di farina.
3. RENZO SI UNISCE AI TUMULTI
Renzo osserva incuriosito il tumulto e ascolta vari discorsi della folla, che inveisce contro il governo di Milano accusandolo di nascondere il grano e il pane, mentre altri dicono che tutto è inutile e il pane verrà avvelenato dai nobili per sterminare la povera gente. Alcuni popolani iniziano anche ad accusare il vicario di Provvisione, ovvero il magistrato che sovrintende all'approvvigionamento della città, affermando che la colpa della scarsezza di grano e della carestia è sua; altri prendono le difese del gran cancelliere Ferrer, considerato al contrario un benefattore del popolo in quanto ha imposto il calmiere sul prezzo del pane.
Renzo arriva al forno dell Grucce ormai semidistrutto. Nonostante trovi la sommossa inopportuna (i forni sono l'unico posto dove produrre il pane), spinto dalla curiosità si unisce ai rivoltosi.
I rivoltosi arrivano in Piazza Duomo dove accendono un gran falò nel quale ognuno getta ciò che ha in mano per bruciarlo. Tutti i rivoltosi saltano e gridano attorno alle fiamme, inneggiando all'abbondanza e protestando contro la carestia e la Provvisione.
Qualcuno propone a gran voce di dirigersi alla casa del vicario di Provvisione, che si trova poco distante, per assediarla e linciare il povero funzionario. Tutti accolgono la proposta come se fosse una decisione già presa in precedenza e la folla si mette subito in cammino.
Renzo riflette se non sia meglio tornare al convento e attendere il ritorno del padre Bonaventura, decidendo infine di seguire la folla che si dirige alla casa del vicario: è il momento saliente della sua avventura a Milano, poiché questa sua sciagurata decisione lo porterà ad attirare l'attenzione del poliziotto travestito che causerà poi il suo arresto e la fuga nel Bergamasco (cap. XIV-XVI).