L’Analisi di Pianto antico di Carducci può cominciare già a partire dal titolo, che comprende la parola antico: con questo aggettivo l’autore rimanda a un dolore che ha sempre colpito l’uomo, quello della morte dei giovani, incomprensibile per la logica umana.
Si tratta di un interrogativo che rimane senza risposta: non può rispondere la Provvidenza, che non riesce in alcun modo dare una spiegazione sensata alla morte, né può farcela l’espressione del dolore intimo e inspiegabile vissuto in modo laico, come in Foscolo e Manzoni.Nella poesia si nota sin dall’inizio la fortissima opposizione tra vita e morte, data dall’antitesi simmetrica che Carducci crea tra immagini vitali e luminose, che si accumulano nelle prime due strofe, e quelle scure e morenti presentate nelle ultime due strofe. Fintanto che si tratta di immagini luminose si vedono i colori della primavera e la vitalità di una natura che rinasce; quando la poesia va incupendosi si impone in maniera prepotente l’assenza di vita, l’impossibilità anche per la forza dell’amore di un padre di sconfiggere la morte. Pur provandoci, Carducci non riesce a cacciare via quell’immagine ossessiva della morte che lo pervade tramite il costante richiamo ai colori e alla vita della primavera. Già nelle strofe colorite c’è come un anticipo di ciò che sarà, l’orto solitario ("muto orto solingo" v. 5), così come il melograno (v. 3) che, seppur fiorito, nella mitologia classica era la pianta sacra di Persefone, la dea degli Inferi. una più attenta osservazione emerge una contrapposizione generica tra la morte di ogni uomo, che è inevitabile, e il ripetersi continuo e ciclico della natura. La bella stagione è tornata, la natura si è risvegliata, proprio quello che il figlioletto del poeta non potrà fare mai più.