Tuttavia, in linea generale, gli operai erano soggetti a orari di lavoro massacranti, dalle 14 alle 16 ore al giorno, in ambienti spesso malsani, tra esalazioni velenose e rumori assordanti. Non esistevano forme di assistenza pubblica, né assicurazioni per la vecchiaia e l’inabilità al lavoro. Vivendo in una situazione di forte isolamento, estraneo a qualsiasi tipo di forma di solidarietà umana, l’esistenza dell’operaio spesso degradava nelle forme che abbiamo visto accompagnare l’industrializzazione fin dai suoi esordi: l’alcolismo, la prostituzione, il proliferare della delinquenza, lo smarrimento dei valori di moralità e la crisi dell’istituzione della famiglia.
Persino in Gran Bretagna, patria della Rivoluzione industriale, i governi ignorarono per molto tempo le esigenze delle classi più povere. Ancora nel 1799 in Inghilterra erano vietate le associazioni dei lavoratori, e lo sciopero, unico strumento di protesta dei lavoratori, anche se difficilmente raggiungeva un risultato che non fosse il licenziamento degli scioperanti, era illegale.
Tuttavia, alcuni imprenditori, come Robert Owen, si sforzarono di conciliare le esigenze della produttività industriale con quelle dei lavoratori. Per esempio, aumentò i salari, fece costruire abitazioni più confortevoli per i lavoratori e istituì scuole per i loro bambini, migliorandone le condizioni di vita.