Aristotele espone la sua teoria sull’arte che egli assimila all’”imitazione” (mimesis) . Nel produrre un oggetto, l’artista non fa altro che “imitare” o riprodurre il mondo esperito attraverso i sensi. L’imitazione può essere realizzata con mezzi diversi (colori, forme, parole, suoni), in modi diversi (narrativamente o drammaticamente) e può rivolgersi a diversi oggetti (imitare persone importanti o uomini comuni nelle tragedie). Aristotele si sofferma in particolare a illustrare l’unità dell’azione tragica, se la tragedia come ogni forma artistica, è imitazione, l’oggetto che essa imita più che il vero, è il verosimile, vale a dire ciò che può verificarsi. Il mondo insensibile dall’artista per lo Stagirita non è semplice”apparenza” ma “realtà” che può essere. Oggetto di sapere. Aristotele crede invece che la tragedia eserciti una potente azione purificatrice, liberando l’anima dello spettatore dalle passioni rappresentate. Aristotele finisce per riconoscere all’arte uno specifico ruolo educativo e formativo. Nella Poetica tuttavia mancano sufficienti elementi espliciti che consentano di intendere l’effettiva natura del concetto di catarsi, per questa teoria vi è stato un lungo dibattito interpretativo.