nel Gorgia attacca la retorica, arte utilizzata dai sofisti, la "tecnica" della persuasione utilizzabile in maniere del tutto indipendente all'argomento trattato. Platone oppone l'idea secondo il cui ogni arte, o scienza è veramente persuasiva solo se si esprime riguardo all'oggetto che le è proprio la retorica non ha un oggetto proprio dato che consente di parlare di tutto, non è dunque arte ma "pratica" adulatoria.
la retorica può essere utile per difendersi da un'ingiustizia commessa, ma non è un vantaggio: il male per l'uomo non consiste nel subire un'ingiustizia, ma nel commetterla sottrarsi a una pena per ingiustizia commessa è un male ancor più peggiore dato che toglie all'anima la possibilità di liberarsi dalla colpa espiandola.
contro Callicle (derideva Socrate per la sua ingenuità e gli espone la sua idea della giustizia come convezione umana, unica legge è quella del più forte). la felicità esige invece un bene stabile. Platone difende il principio socratico secondo il cui chi fa il bene vive bene e chi fa il male soffre non dopo la morte, ma in questa vita
nel Cratilo si cerca di chiarire se il linguaggio sia davvero un mezzo per insegnare la natura delle cose. il linguaggio deve essere adatto a farci discernere la natura dalle cose, ogni nome deve avere una sua correttezza, ma vi sono anche nomi puramente convenzionali (nome dei numeri, figure geometriche...). i nome presuppongono la conoscenza delle cose. il dialogo contiene tre alternative fondamentali che si presenteranno costantemente nella storia del linguaggio - la tesi sostenuta dagli eleati dai sofisti e da Democrito, secondo cui il linguaggio è puramente convenzionale, cioè si deve esclusivamente alla libera iniziativa degli uomini - la tesi sostenuta da Cratilo, che era propria di Eracilito, secondo cui il linguaggio è naturalmente prodotto dall'azione casuale delle cose -la tesi difesa da Platone, secondo cui il linguaggio è la scelta intelligente di uno strumento che serve ad avvinare l'uomo alla conoscenza delle cose