ESILIO.
Il Papa Bonifacio VIII chiese aiuto al suo alleato, il principe francese Carlo di Valois. E così, il Papa, con il pretesto di inviare il suo alleato francese a Firenze per ristabilire la pace tra le fazioni in lotta, dà ai Neri, il supporto appunto delle milizie francesi,(1301),con cui assumono violentemente il potere e le famiglie dei Bianchi vengono cacciate dalla città.
Dante, in quel momento, era a Roma come membro di un'ambasceria inviata a trattare con il Papa; aveva 36 anni, era fuori dalla sua città e non vi farà più ritorno.
I PROCESSI. Nel gennaio 1302 Dante venne accusato in contumacia (ovvero in sua assenza) di BARATTERIA (di aver, cioè, ricavato un profitto personale dalle cariche pubbliche) venendo condannato all'esilio e alla confisca dei beni, Successivamente, nel marzo dello stesso anno (1302), Dante venne condannato al rogo (ovvero a morire bruciato al rogo, appunto).
GIROVAGARE.
Dante, inizialmente non rinunciò alla speranza di essere riammesso nella sua città, tanto da partecipare alle riunioni dei fuoriusciti (guelfi bianchi e ghibellini).
Successivamente, però, si rassegnò alla sua vita da esule; da qui iniziò il suo girovagare di città in città, confidando nelle sue forze e nella generosità delle famiglie che l' ospitarono: i Malaspina in Lunigiana; gli Scaligeri a Verona, i da Polenta a Ravenna. Famiglie che ne apprezzarono le doti di uomo di lettere e di alta cultura e se ne servirono per compiti diplomatici e di segreteria.
Falliti i suoi sforzi di ritornare a Firenze, Dante si volge agli STUDI. Durante il suo peregrinare si dedica alla stesura del Convivio e del De vulgari eloquentia e probabilmente alla Divina Commedia
l'imperatore ARRIGO VII (Moysen alium)
Nel 1310, un nuovo evento riaccese le speranze di Dante di poter rientrare in patria: l'imperatore Arrigo VII mettendo fine all'annoso disinteresse dei suoi predecessori per l'Italia (che appartiene, di diritto, nella parte settentrionale, all'imperatore di Germania, ma in cui si è affermato il potere autonomo dei comuni) decise di scendere nella penisola per riaffermare il potere imperiale. Dante accolse la notizia con entusiasmo tanto da attivarsi scrivendo una lettera a tutti i potenti d'Italia invitandoli a promuovere l'opera provvidenziale di pacificazione dell'imperatore che definisce il << nuove Mosè>> venuto a liberare il suo popolo.
Fu in questo periodo che Dante iniziò il trattato Monarchia in cui espone l'idea della separazione dei due poteri (quello spirituale e quello temporale).
In un primo tempo i signori del Nord e del Centro Italia accolsero benevolmente Arrigo: le fazioni si riconciliarono, i fuoriusciti vennero riaccolti ma non a Firenze.
Nel 1313, l'imperatore Arrigo sempre più isolato e circondato da nemici si ammalò improvvisamente di malaria e poi morì. Gli esiliati persero così la loro ultima speranza.
RIFIUTO AMNISTIA.
Quando i ghibellini toscani si riorganizzarono minacciando seriamente i guelfi al potere, i Neri, per far fronte al pericolo, proposero ai fuoriusciti un'amnistia concedendo loro di rientrare in città.
Gli esiliati avrebbero dovuto accettare di essere condotti in prigione e da lì recarsi in processione a San Giovanni tenendo un cero acceso per chiedere perdono.
Dante, però, non volle accettare una tale umiliazione.
L'ULTIMA AMBASCERIA.
Dante fu invitato dal signore di Ravenna, Guido Novello da Polenta, a risiedere in città.
Di lì a poco, Venezia dichiarò guerra a Ravenna e Dante fu invitato a negoziare la pace.
Durante il viaggio, Dante si ammalò di malaria. Fu così costretto a tornare a Ravenna dove morì tra il 13 e il 14 settembre 1321.
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