Era quello il second'anno di raccolta scarsa. […] Ora, questa messe tanto desiderata riuscì ancor più misera della precedente, in parte per maggior contrarietà delle stagioni (e questo non solo nel milanese, ma in un buon tratto di paese circonvicino); in parte per colpa degli uomini. Il guasto e lo sperperìo della guerra, di quella bella guerra di cui abbiam fatto menzione di sopra, era tale, che, nella parte dello stato più vicina ad essa, molti poderi più dell'ordinario rimanevano incolti e abbandonati da' contadini, i quali, in vece di procacciar col lavoro pane per sé e per gli altri, eran costretti d'andare ad accattarlo per carità. Ho detto: più dell'ordinario; perché le insopportabili gravezze, imposte con una cupidigia e con un'insensatezza del pari sterminate, la condotta abituale, anche in piena pace, delle truppe alloggiate ne' paesi, condotta che i dolorosi documenti di que' tempi uguagliano a quella d'un nemico invasore, altre cagioni che non è qui il luogo di mentovare, andavano già da qualche tempo operando lentamente quel tristo effetto in tutto il milanese: le circostanze particolari di cui ora parliamo, erano come una repentina esacerbazione d'un mal cronico. E quella qualunque raccolta non era ancor finita di riporre, che le provvisioni per l'esercito, e lo sciupinìo che sempre le accompagna, ci fecero dentro un tal vòto, che la penuria si fece subito sentire, e con la penuria quel suo doloroso, ma salutevole come inevitabile effetto, il rincaro.
(dal cap. XII)