Noi passavam su per l’ombre che adona
la greve pioggia, e ponavam le piante
sovra lor vanità che par persona. 36
Elle giacean per terra tutte quante,
fuor d’una ch’a seder si levò, ratto
ch’ella ci vide passarsi davante. 39
"O tu che se’ per questo ’nferno tratto",
mi disse, "riconoscimi, se sai:
tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto". 42
E io a lui: "L’angoscia che tu hai
forse ti tira fuor de la mia mente,
sì che non par ch’i’ ti vedessi mai. 45
Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente
loco se’ messo, e hai sì fatta pena,
che, s’altra è maggio, nulla è sì spiacente". 48
Ed elli a me: "La tua città, ch’è piena
d’invidia sì che già trabocca il sacco,
seco mi tenne in la vita serena. 51
Voi Cittadini mi chiamaste Ciacco:
per la dannosa colpa de la gola,
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. 54
E io anima trista non son sola,
ché tutte queste a simil pena stanno
per simil colpa". E più non fé parola. 57
Io li rispuosi: "Ciacco, il tuo affanno
mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita;
ma dimmi, se tu sai, a che verranno 60
li cittadin de la città PARTITA;
s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione
per che l’ ha tanta discordia assalita". 63
Ciacco si mostra distaccato da Firenze, tanto da non nominarla nemmeno e definirla non la mia o la nostra città, ma la tua.
Denuncia infatti il degrado di Firenze a causa della lotta tra le fazioni: il peccato da cui hanno origine è L'INVIDIA (nominata anche al v. 74 insieme a superbia e avarizia), ovvero la smania di dominio, l'ambizione dei singoli.
Ciacco (= Jacopo o Giacomo o soprannome che significa porco)
è un concittadino di D., sulla sua identità ci sono molti dubbi.
Frequentava famiglie nobili ed era dedito ai piaceri della tavola. Probabilmente svolse funzioni politiche.