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L' EPOPEA DI GILGAMESH epope, "Piangano per…
L' EPOPEA DI GILGAMESH
Cos'è?
L’Epopea di Gilgamesh è un antichissimo ciclo di poemi che ruota attorno al quinto re di Uruk, in Mesopotamia. La tradizione orale dei poemi, che precedono l’ Iliade di circa un millennio e mezzo, risale al terzo millennio a.C . mentre l’ elaborazione scritta più completa è quella voluta da Assurbanipal , ultimo re dell’impero degli Assiri, nel settimo secolo.
L' epopea raccoglie tutti quegli scritti che hanno come oggetto le imprese del mitico re di Uruk ed è da considerarsi il più importante dei testi mitologici babilonesi e assiri pervenuti fino a noi. Di quest'opera noi possediamo, oltre all'edizione principale allestita per la biblioteca del re Assurbanipal e ora conservata nel British Museum di Londra, altre versioni più antiche e frammentarie.
Narrazione
L'Epopea di Gilgamesh, nella sua versione classica babilonese, narra la storia del re di Uruk, Gilgamesh, che coinvolge i giovani maschi della città in attività ludiche. I parenti di questi giovani si lamentano con le divinità, le quali rispondono alle loro preghiere creando il "guerriero primitivo": Enkidu.
L'incontro tra il "guerriero primitivo" e Gilgameš si risolve in un combattimento tra i due, dove Enkidu ha la meglio, ma riconosce nel re di Uruk la divina capacità di comando. Da lì i due iniziarono a diventare inseparabili campagni d' avventura organizzando duelli contro esseri divini!
Gli dèi si riuniscono e decidono la morte per Enkidu che, insieme a Gilgameš, ha ucciso due esseri divini: Ḫubaba e il Toro Celeste. Enkidu quindi si ammala e muore. Gilgameš è disperato per la morte dell'amico e spaventato dalla presenza della "morte"; vagando per la steppa coperto di pelli, va alla ricerca di Utanapištim, l'unico sopravvissuto al Diluvio universale a cui gli dèi hanno concesso la vita eterna.
Raggiunto Utanapištim, dopo aver superato la montagna protetta dagli uomini-scorpione e dopo aver attraversato il Mare della Morte, Gilgameš viene a conoscenza del racconto sul Diluvio universale e diviene consapevole di non poter mai raggiungere l'immortalità. Nonostante questo, Utanapištim confida a Gilgameš l'esistenza della "pianta della giovinezza", mangiata la quale si può tornare ad essere giovani.
Gilgameš la raggiunge nel profondo degli abissi e la prende allo scopo di portarla ai vecchi della sua città. Ma, mentre il re di Uruk sosta presso una pozza d'acqua per le purificazioni, un serpente mangia la pianta rinnovando in questo modo la sua pelle. Gilgameš è disperato, ma ormai pienamente consapevole dell'inevitabile destino degli uomini.
"Piangano per te gli anziani della spaziosa città, Uruk l' ovile,
pianga per te colei che alza la mano per benedirci dopo la morte, piangano per te gli abitanti delle montagne e delle colline."
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Essi stavano ai margini della Foresta, osservavano meravigliati l'altezza dei cedri erano come estasiati all'entrata del bosco, dove Khubaba andando e venendo provoca terremoti