A partire dal 2300 a.c., un gruppo di tribù indoeuropee si infiltrò in Anatolia (ora la Turchia centro-orientale) scendendo dal Caucaso: gli Hittiti, che sottomisero le popolazioni locali grazie alla loro superiorità militare, garantita dall'uso del cavallo e del carro da combattimento. Gli Hittiti formavano solo piccole città stato all'inizio, ma poi alcuni sovrani come Labarna, Hattushili e Murshili iniziarono a creare un potente regno unitario. Hattushili creò una nuova capitale, Hattusha, al centro dell'Anatolia. Murshili saccheggiò e conquistò Babilonia. Dopo di lui, il regno hittita andò in declino. Ne approfittarono i Mitanni, che strapparono agli Hittiti le loro conquiste. Il regno Hittita raggiunse la sua massima espansione con Shuppiluma, che sottomise i Mitanni , si impadronì di tutta la Siria settentrionale e si scontrò con gli Egizi. La battaglia decisiva fu tra Ramses II e Mutawalli a Qadesh. Lo scontro ebbe esito incerto. Verso il 1200 a.c., alcuni popoli annientarono lo stato Hittita e sopravvissero pochi regni. Questi popoli erano chiamati "popoli del mare".
Gli Hittiti possedevano un codice diverso da quello di Hammurabi, infatti prevedeva pene pecuniarie. Il re hittita era laico, eletto dall'assemblea degli uomini liberi (pankus), che amministrava alcuni altri aspetti della vita sociale. I guerrieri di professione (maryannu), insieme a scribi, sacerdoti e mercanti, formavano la classe dirigente dello Stato.
Gli Hittiti veneravano molte divinità, in particolare la famiglia formata da Arinna (dea del Sole), dal suo sposo e dal loro figlio divino.