L'assolutismo monarchico è una teoria politica che sostiene che una persona, un monarca, il quale detiene il potere legislativo, esecutivo e giudiziario li eserciti in maniera assoluta. Questo è giustificato dal concetto di "diritto divino dei re", implicando che l'autorità di un governante derivi direttamente da Dio, formando una "monarchia teocratica".
Proprio per questo motivo la monarchia assoluta si contrappone a quella costituzionale, dove i poteri del re sono limitati dalla Costituzione, la quale sancisce i diritti dei cittadini.
Nel XVII secolo, l'assolutismo monarchico si affermò in Francia e in altri Paesi dell'Europa continentale, come la Prussia e la Russia. In Europa all'inizio dell'età moderna era la forma di governo più diffusa, il potere del principe era affiancato da una corte, nella quale erano presenti le classi privilegiate, come il clero e la nobiltà, ma spesso il potere di questi apparati finiva per aver bassa influenza. dal momento in cui l'obbiettivo principale era quello di difendere i propri privilegi.
La necessità di mantenere eserciti permanenti e di imporre tributi senza interpellare i sudditi facilitò il rafforzamento dei monarchi di fronte alla nobiltà e alla borghesia, mentre le guerre contribuirono allo sviluppo del sentimento nazionale e nella figura del sovrano sembrò incarnarsi l'intera nazione. In Francia, in Prussia e più tardi in Russia, la cultura del Cinque-Seicento sostenne l'idea di un primato politico, culturale ed etico-religioso della Nazione. Nell'ambito religioso, il Cattolicesimo, dopo il Concilio di Trento (1545-1563), favorì l'affermarsi dell'idea di sovrano come rappresentante dell'ordine razionale voluto da Dio.