Il ritorno in paese provoca poi nuovi guai per il povero don Abbondio, poiché Perpetua, a furia di chiedere in giro, viene a sapere che molti oggetti della casa che si credevano preda dei soldati sono stati invece rubati da alcuni paesani, per cui la donna insiste col padrone perché vada a farseli restituire. Il curato non ne vuole sapere, in quanto gli autori dei furti sono persone prepotenti con cui evita di avere a che fare, e questo suscita le dure rimostranze di Perpetua, che accusa continuamente il curato di essere un uomo dappoco e di non saper far valere le proprie ragioni. Le discussioni sono talmente noiose che don Abbondio arriva al punto di non lamentarsi più quando si accorge della mancanza di qualcosa, pur di non sentire la propria governante ricominciare con la solita ramanzina. Don Abbondio teme inoltre che gli ultimi fanti tedeschi attardati possano compiere ulteriori saccheggi e si preoccupa di tenere sempre l'uscio di casa sprangato, anche se fortunatamente una simile eventualità non si verifica; in effetti il pericolo rappresentato dai lanzichenecchi è ormai cessato, mentre si avvicina minaccioso quello assai più grave e diffuso che i mercenari tedeschi hanno portato con sé, ovvero la peste.