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Carlo Magno sottomette Vitichindo
La successiva importante campagna che Carlo intraprese si rivolse contro i Sassoni, una popolazione di origine germanica stanziata nella zona a nord-est dell'Austrasia, oltre il Reno, nei bassi bacini del Weser e dell'Elba. Popolazione dalle radicatissime tradizioni pagane e politicamente disunita e frammentata in varie tribù bellicose, già gli stessi Imperatori romani avevano inutilmente cercato di assoggettarla come “federati”. Pipino il Breve era riuscito a contenerne gli sconfinamenti a scopo di saccheggio e ad imporre loro un tributo annuo di alcune centinaia di cavalli, ma nel 772 rifiutarono il pagamento e ciò consentì a Carlo di giustificare l'invasione della Sassonia.
Pensata forse inizialmente come una spedizione punitiva contro le minacce che da tempo le diverse tribù sassoni costituivano per i confini del regno franco, e per portare la vera fede e l'ordine in un paese pagano, l'intervento si trasformò invece in un conflitto lungo e difficile, che proseguì con fiammate di ribellioni anche molto tempo dopo l'imposizione alle popolazioni sassoni di nuovi tributi e la conversione forzata al cristianesimo. Le operazioni furono infatti condotte a varie riprese e con sempre maggiore difficoltà contro un nemico frazionato in numerose piccole entità autonome che sfruttavano tecniche di guerriglia: nel 774, al termine della campagna d'Italia, poi nel 776 e soprattutto nel 780, dopo il disastro spagnolo, con la sconfitta di Vitichindo, che fu la vera e propria anima della resistenza, essendo riuscito a riunificare le varie tribù. L'intera regione venne smembrata in contee e ducati.
Dal 782 la conquista procedette in modi sempre più repressivi, devastando le terre sassoni in modo metodico e affamando le tribù ribelli. Lo stesso Carlo promulgò il “Capitulare de partibus Saxoniae”, che imponeva la pena capitale per chiunque avesse offeso il Cristianesimo e i suoi sacerdoti, misura per la conversione forzata dei Sassoni[17]. Circa 4500 Sassoni vennero giustiziati nel Massacro di Verden, e lo stesso Vitichindo venne battezzato nel 785[18]. I Sassoni mantennero la pace fino al 793, quando emerse una nuova insurrezione nella Germania settentrionale. Carlo la soppresse sul nascere, attuando la deportazione di migliaia di Sassoni e ripopolando la regione con coloni franchi e slavi[19]. Ancora fu necessario intervenire nel 794 e nel 796, con nuove deportazioni massicce in Austrasia e sostituzione delle popolazioni trasferite con sudditi franchi. L'ultima misura presa da Carlo fu una nuova deportazione, nell'804, dei Sassoni stanziati oltre l'Elba, ma ormai la Sassonia era ben integrata nel dominio franco e i Sassoni incominciarono ad essere regolarmente reclutati nell'esercito imperiale[20].
La guerra contro i Sassoni fu interpretata dai Franchi come una sorta di “guerra santa”, con le continue rivolte concepite (e in parte era vero) come un rifiuto del cristianesimo. Il nuovo credo del resto era stato imposto con la forza fin dall'inizio, senza che ci fosse, almeno nei primi tempi, da parte franca, un intervento di tipo missionario che, al di là del battesimo forzato di quanti più barbari fosse possibile, tentasse di far comprendere il Messaggio ed il significato della religione a cui erano costretti a sottomettersi. Lo stesso territorio sassone, del resto, fu suddiviso ed affidato alle cure di vescovi, sacerdoti e abati, e proliferarono chiese, abbazie e monasteri che, comunque, erano costretti a vivere in un continuo stato d'allarme. L'orgoglio nazionalista delle tribù sassoni fu infine definitivamente piegato solo nell'804, con l'ultima deportazione di massa (il biografo Eginardo riferisce di non meno di 10.000 Sassoni complessivamente deportati nelle varie campagne)[21][22].)