Cap 11: La polifonia sacra nel Cinquecento (parte 2)

La scuola veneziana

Andrea Gabrieli

Giovanni Gabrieli

Gli ugonotti e il canto dei salmi

La confessione luterana e il corale

Il canto anglicano e gli anthems

La riforma. La musica nelle chiese protestanti

La scuola romana, come si è detto, espresse un modello di polifonia sacra che manifestava i sentimenti di pietà e di devozione attraverso lo stile a cappella. Questo modello si diffuse in tutta l'Europa cattolica con una importante eccezione: la basilica di S. Marco a Venezia. Qui si formò un repertorio sacro molto diverso: più dello stile a cappella, pur coltivato, erano apprezzate le composizioni nelle quali le voci si mescolavano gli strumenti, che potevano essere sia i due organi di cui era fornita la basilica, sia strumenti a corda e a fiato quali viole, cornetti, tromboni. Inoltre l'esecuzione a doppi cori divisi, ripresa dal Willaert (i cori spezzati o battenti), si realizzò in composizioni policorali, nelle quali due, tre, quattro gruppi cantavano e suonavano insieme, ma su cantorie contrapposte e in spazi distanziati all'interno della chiesa

Le musiche veneziane rivelano caratteri di fastosità, di colore, di ricchezza sonora; le loro motivazioni profonde vanno ricercate nelle tradizioni di San Marco, in cui le esecuzioni pubbliche in modi solenni erano associate ad eventi non solo sacri ma anche politici. Tra la basilica e il Palazzo Ducale, eretti uno di fianco all'altra, tra la chiesa veneziana e il potere dogale i rapporti erano strettissimi; la cappella musicale dipendeva, anche finanziariamente, dal doge

L'usanza dei mottetti celebrativi del Trecento a Venezia era stata conservata e si era accentuata; era la cappella musicale che, in S. Marco, ma anche fuori, quando ne era richiesta, celebrava gli avvenimenti che riguardavano la vita della Repubblica, i suoi successi, le sue ricorrenze, e rendeva onore alle visite dei regnanti stranieri

Anche per questo i dogi riservavano premurose cure alla cappella di S. Marco. Venezia nel secolo XVI era ancora il centro economico più ricco d'Italia, era ancora uno degli stati politicamente più influenti. L'immagine che voleva dare di sé richiedeva anche che sostenesse con larghezza la cappella più numerosa d'Italia, nella quale nel secolo XVI e in parte del XVII operarono alcuni dei più apprezzati musicisti del tempo

Furono infatti maestri di cappella, tra i maggiori, dopo Willaert, Cipriano de Rore (1563-64), Gioseffo Zarlino (1565-90), Giovanni Croce detto il Chiozzotto (1603-09), Claudio Monteverdi (1613-43), poi Francesco Cavalli (1668-76) e Giovanni Legrenzi (1685-90); organisti, all'uno o all'altro strumento, Jacques Buus (1541-50), Girolamo Parabosco (1551-57) Claudio Merulo (1557-84), Annibale Padovano (1552-65), Andrea Gabrieli (1566-86), Giovanni Gabrieli (1584-1612). Essi erano tra le personalità più avanzate del loro tempo, in ogni settore, dalla teoria (Zarlino) alla composizione di musiche da chiesa (willaert, Merulo, i due Gabrieli, Monteverdi), dalle musiche organistiche (Willaert, Buus, Parabosco, Padovano, Merulo, i Gabrieli) a quelle vocali profane (ancora Willaert, Andrea Gabrieli, croce, monteverdi), a quelle per più strumenti (i Gabrieli)

Le espressioni più complete e tipiche della polifonia sacra veneziana si trovano nelle opere di Andrea e di Giovanni Gabrieli

La vita

L'opera

La personalità

La vita

L'opera

La personalità

Nato a Venezia nel 1510 ca. da una antica famiglia, non è sicuro che sia stato allievo di Willaert e cantore in S. Marco. Dopo il 1536 effettuò viaggi in Italia: fu forse organista nella cattedrale di Verona e certamente in S. Geremia a Venezia

Nel 1562 intraprese un viaggio con Orlando di Lasso e fu a Monaco alla corte di Alberto V di Baviera, poi a Francoforte per l'incoronazione dell'imperatore Massimiliano II, a Graz e in Boemia

Nel 1564 fu chiamato a sostituire Annibale Padovano al secondo organo di S. Marco; nel 1585 passò al primo organo, successore di Claudio Merulo, mentre gli subentrava al secondo organo il nipote Giovanni. Morì a Venezia nel 1586

Ebbe valenti allievi: il nipote Giovanni, Lodovico Zacconi, Hans Leo Hassler e altri

Fu compositore versatile e trattò tutti i generi, vocale sacro e profano e strumentale, ma segnò la più profonda impronta nel primo, nel quale si incontrano alcune delle più genuine manifestazioni dello stile veneziano

Nella produzione sacra di Andrea Gabrieli le composizioni policorali con voci e strumenti sono i mottetti raccolti nei Concerti a 6, 7, 8, 10, 12 voci (1585); importanti raccolte di mottetti sono le Sacrae cantiones a 5 voci (1565) e l'Ecclesiasticarum cantionum liber I a 4 voci (1576); inoltre i Psalmi Davidici a 6 voci (1583)

Andrea Gabrielli rivela la tendenza a semplificare la struttura contrappuntistica, a valorizzare la declamazione del testo e conseguire incisività ritmica. Le composizioni a due o più cori danno risalto alle opposizioni tra i distinti gruppi e alle loro integrazioni, con effetti timbrici accresciuti dall'impiego degli strumenti, in appoggio o in sostituzione delle voci

Ricca è anche la produzione profana: un libro di madrigali a 3 voci (1575), uno di madrigali a 4 voci (1589), tre di madrigali a 5 voci (1566,1570, 1589), 2 di madrigali a 6 voci (1574, 1580); le Greghesche et Justiniane a 3 voci (1572); le Mascherate a 3-5 voci; i Cori per la tragedia Edipo Tiranno di sofocle, a 4-6 voci (1588)

Lo stile madrigalistico di Andrea Gabrieli si collega a quello di Willaert; egli applica rigorosamente la tecnica dell'imitazione, ma con rare concessioni al cromatismo. Fu tra i primi a comporre madrigali a 3 voci, secondo la tecnica del contrappunto imitato e non nei modi omoritmici impiegati dalle forme popolaresche, come fece invece con le Greghesche et Justiniane, in dialetto veneziano mescolato alla lingua greca, che contengono anche riferimenti realistici a personaggi e situazioni della Commedia dell'Arte

Originali sono i Cori dell'Edipo, composti come intermezzi per la versione italiana della tragedia di Sofocle effettuata da Orsatto Giustiniani, Con questa tragedia e i cori di Gabrieli fu inaugurato nel 1585 il Teatro Olimpico di Vicenza disegnato dal Palladio. Sono un uno stile severamente accordale che rispetta la ritmica e la struttura fraseologica del testo

Le composizioni strumentali di Andrea Gabrieli furono pubblicate postume, soprattutto dal nipote Giovanni. Tra esse: un libro di Intonazioni d'organo (intonazioni e toccate) (1593); i due libri di Ricercari per ogni sorta di strumenti (1595 e 1596); Tre messe d'organo; 2 libri di Canzoni alla francese per strumenti da tasto (1605); l'aria della battaglia (1590)

Importanti nella storia della letteratura organistica, le composizioni strumentali sono meno significative di quelle vocali, in particolare quelle sacre

Andrea Gabrieli fu certamente il compositore maggiormente apprezzato dai suoi contemporanei veneziani; a lui la Serenissima conferì l'incarico di comporre musiche per le occasioni importanti e ufficiali, tra cui la celebrazione della vittoria navale dell'armata cristiana contro i turchi a Lepanto (1571), le feste per la visita di Enrico III di Francia e altre

Nel genere vocale sacro sviluppò l'eredità della musica veneziana espressa da Willaert nel lungo periodo della sua conduzione della cappella, e nella tradizione fiamminga innestò con libertà apporti stilistici italiani, Fondatore, con Claudio Merulo, della nuova scuola organistica, fu però nelle composizioni policorali che affermò i momenti più felici della sua personalità artistica. Nei Concerti infatti la sua opera toccò effetti inediti di grandiosità corale e di varietà coloristica, ottenute con la granfe varietà dei raggruppamenti di voci e di strumenti

Nato a Venezia tra il 1554 e il 1557, studiò con lo zio Andrea. Dal 1575 al 1579 visse a Monaco, organista alla corte del duca di Baviera. Rientrato a Venezia nel 1584, sostituì temporaneamente Claudio Merulo al primo organo in S. Marco; l'anno seguente succedette allo zio come titolare del secondo organo e alla morte di Andrea passò al primo organo. Morì a Venezia nel 1612

All'inizio del secolo XVII la sua fama era già molto alta e aveva superato quella di Andrea, tanto che attrasse un gran numero di allievi soprattutto dai paesi nordici. Hans Leo Hassler continuò presso di lui l'istruzione incominciata con Andrea. Heinrich Schutz, nel 1609, venne a Venezia per studiare con lui e vi rimase fino alla di lui morte

La produzione di Giovanni è più scarsa di quella di Andrea Gabrieli e mote composizioni sono sparse in antologie pubblicate soprattutto in Germania. L'unica raccolta completa pubblicata mentre egli era in vita e che contiene solo composizioni di Giovanni è costituita dalle Sacrae Symphoniae (1597), che comprende e mescola insieme composizioni corali (44 mottetti a 6-16 voci) e per strumenti (canzoni per sonar a 8-15 voci)

Furono invece pubblicate postume: le Symphoniae sacrae, 82 mottetti a 6-19 "tam vocibus quam instrumentis" (che si possono eseguire con le voci e con gli strumenti) (1615), e le Canzoni e Sonate a 5-22 voci "per sonar con ogni sorte di strumenti" (1615)

Sue composizioni apparvero inoltre unitamente ad altre di Andrea Gabrieli: alcuni mottetti e madrigali a 4 voci nei Concerti (1587); musiche d'organo nelle Intonazioni d'organo (1593); ricercari "per ogni sorte di strumenti" in Ricercari (1595)

Giovanni Gabrieli proseguì l'indirizzo grandiosamente pittorico inaugurato da Andrea e lo rese più vario. Fu insuperabile nell'arte di trarre nuove sonorità dagli insiemi vocali e strumentali, dei quali aumentò il numero delle voci allo scopo di accrescere le possibilità coloristiche e timbriche

La maggior parte delle opere vocali a noi pervenute è di destinazione sacra e di struttura policorale. Egli prediligeva la mescolanza di voci e strumenti all'interno di ogni "coro" già attuata da Andrea Gabrieli; fece proprio quel procedimento, lo intensificò e lo sviluppò ulteriormente

Analogamente accrebbe, nei confronti di Andrea, l'osservanza attenta del ritmo delle parole e della declamazione delle frasi, traendone efficaci effetti. Anche nelle composizioni per più strumenti predominano le strutture a più "cori"; la forma preferita di quella della canzone "da sonar" o strumentale

La sua concezione musicale appartiene già al barocco, la sua policoralità mista di voci e di strumenti è già un compiuto esempio di "stile concertante". Si potrebbe dire che le musiche di Andrea, e più ancora quelle di Giovanni Gabrieli costituiscono in musica creazioni affini a quella del Veronese e del Tintoretto nella pittura

Sulla strafa aperta alla musica sacra da Andrea e Giovanni Gabrieli proseguivano gli italiani Claudio Monteverdi e Francesco Cavalli e, tra i tedeschi, Heinrich Schutz

Per tutto il Medioevo il cristianesimo aveva mantenuto l'unità religiosa dell'Europa occidentale. La lotta tra il papato e l'impero, i ricorrenti movimenti ereticali e gli scismi non avevano intaccato né il patrimonio di dottrina teologica, né il primato di Roma, né l'organizzazione ecclesiale e liturgica. Questo valse anche per la musica, nel millennio in cui si diffuse la monodia gregoriana e si affermarono le forme del canto sacro in stile contrappuntistico

L'unità religiosa si spezzò all'inizio del secolo XVI e in pochi decenni si imposero in Europa vari movimenti di Riforma.Comunque alle Chiese riformate fu da una parte la fedeltà all'insegnamento di Gesù Cristo trasmesso dalla Bibbia, dall'altra difformi interpretazioni dei contenuti dottrinali e il rifiuto di riconoscere il primato del papa

I fondatori delle Chiese riformate furono:

Giovanni Calvino (1509-1564) nel 1541 diede vita a Ginevra a una Chiesa riformata che si diffuse soprattutto in Svizzera, in Francia (dove i seguaci presero il nome di ugonotti), in Scozia e nei Paesi Bassi

Il re d'Inghilterra Enrico VIII Tudor (1491-1547) nel 1534 fece approvare dal Parlamento inglese una legge, l'Atto di supremaziaa, che sanciva la nascita della Chiesa anglicana indipendente da Roma e proclamava suo capo supremo il re

Martin Lutero (1483-1546) aprì le ostilità contro la Curia romana affliggendo nel 1517 alla porta della chiesa di Wittenberg 95 "tesi" di contenuto teologico che egli proponeva alla libera discussione. La Chiesa evangelica da lui fondata si diffuse soprattutto nelle regioni centro-settentrionali della Germania

Nelle Chiese riformate alle innovazioni in campo dottrinale corrisposero sostanziali cambiamenti nelle cerimonie di culto e di conseguenza nel ruolo e nelle forme della musica sacra. Un elemento comune ai riti delle Chiese riformate fu la sostituzione del latino con le lingue nazionali (tedesco, francese, inglese)

Nella Chiesa luterana alla musica fu riservato un ruolo più importante di quello che le fu riconosciuto dalle altre confessioni riformate. Questo fu frutto del forte temperamento artistico di Martin Lutero, che era un esperto conoscitore della musica sacra del suo tempo, estimatore di Josquin, cantore, suonatore di liuto e di flauto e forse anche compositore. Ma furono determinanti la sua concezione cosmica della musica, che egli affiancava alla teologia, e l'importanza che attribuiva al canto corale ai fini di una partecipazione comunitaria ai riti

La messa luterana, ordinata dallo stesso Lutero (Deutsche Messe, messa tedesca, 1526), si basava sui testi delle Sacre Scritture da lui tradotte nella lingua tedesca perché fossero compresi da tutti. La partecipazione dei fedeli era invece affidata al canto dei corali (Chorale; Kirchenlieder, canti di chiesa, Geistliche Gesange, canti spirituali), canti assembleari di facile semplicità melodica, di struttura strofica e procedimento sillabico

Il corale ebbe nel canto sacro luterano una funzione che si può paragonare a quella del canto gregoriano durante il Medioevo cristiano. La sua importanza storica supera i limiti della finalità liturgica; esso occuperà un posto di rilievo nella creazione delle musiche corali e di quelle organistiche tedesche dell'epoca barocca

Fin dai primi anni della Riforma si verificò un'alta richiesta di testi poetici in lingua tedesca nei quali si esprimessero in forma piana ed efficace i sentimenti di pietà. Le devote poesie venivano congiunte a melodie composte espressamente (il primo musicista fu Johannes Walter, stretto collaboratore di Lutero), ma anche ad altre preesistenti, profane o desunte dal repertorio gregoriano. Un espediente che ebbe fortuna fu il ricorso ai contrafacta, in cui il testo profano di una esistente composizione vocale veniva sostituito da un nuovo testo di ispirazione religiosa

I corali erano cantati dall'assemblea dei fedeli all'unisono, sostenuti, se necessario, dall'organo o da altri strumenti. Essi assunsero presto anche la funzione di cantus firmi nelle composizioni polifoniche su corale affidate all'esecuzione di cori professionali nelle chiese che ne disponevano

Diversi erano i tipi di composizioni polifoniche su corale, e andavano da quello più semplice, a 4 voci in stile accordale, a quello contrappuntisticamente più elaborato, con il corale eseguito a valori larghi al tenor, a veri e proprio mottetti nei quali il corale diventava un soggetto imitato nelle varie voci, e l'invenzione si sviluppava con libertà e autonomia

I principali autori rinascimentali di composizioni polifoniche su corale furono Hans Leo Hassler, Michael Praetorius, autore della raccolta Musae Sioniae e Heinrich Schutz (1585-1672)

Secondo il pensiero di Giovanni Calvino, le manifestazioni del culto dovevano essere severe e austere, e ciò lasciava uno spazio limitato alla musica. Soppressi o distrutti gli organi, fu ammesso solo il canto dei salmi da parte dei fedeli, e il problema pratico da affrontare fu la preparazione del repertorio

Clément Marot, uno dei maggiori poeti del tempo, fornì una bella traduzione in versi di 50 salmi (1543; altri ne tradusse successivamente Théodore de Bèze. Un buon musicista, Louis Bourgeois, adattò preesistenti melodie alle parafrasi dei salmi preparate dal Marot; furono questi i canti che venivano eseguiti durante i servizi religiosi

Successivamente, uno dei maggiori compositori francesi, convertito al calvinismo, Claude Goudimel (1505 c.-1572) mise in musica a 4 parti il salterio francese di Marot, in contrappunto sillabico, con la melodia alla voce superiore

Il rinnovamento liturgico della Chiesa anglicana fu meno radicale di quello di altre confessioni riformate. Le innovazioni principali furono sancite nel Prayer Book (libro di preghiere) pubblicato nel 1549 dall'arcivescovo di Canterbury, Th. Cranmer, che aveva inoltre sostituito il latino con la lingua inglese. Sulla base di questo testo della liturgia ufficiale, l'anno seguente il compositore John Marbeck stampò il Book of Common Prayer Noted (libro delle preghiere comuni poste in musica) contenente canti per le preghiere mattutine e serali

La riforma di canto sacro specifico della Chiesa anglicana fu l'anthem. Etimologicamente il nome deriva da antifona, ma esso designa invece una forma vocale a più voci non dissimile dal mottetto

Durante il secolo XVI predominò il tipo chiamato full anthem, che era interamente cantato dal coro, di andamento sillabico e di stile omofono; ne composero tra altri Thomas Tallis e William Byrd, entrambi cattolici

All'inizio del XVII secolo si affermò il verse anthem, nel quale brani solistici accompagnati da strumenti si alternavano a brani corali. Ne composero Byrd, Thomas Morley, Orlando Gibbons; alla fine del secolo Henry Purcell; nel XVIII secolo Handel