Uno asino fu già, ch’ogni osso e nervo
mostrava di magrezza, e entrò, pel rotto
del muro, ove di grano era uno acervo;
e tanto ne mangiò, che l’epa sotto
si fece più d’una gran botte grossa
fin che fu sazio, e non però di botto.
Temendo poi che gli sien péste l’ossa,
si sforza di tornar dove entrato era,
ma par che ’l buco più capir nol possa.
Mentre s’affanna, e uscire indarno spera,
gli disse un topolino: «Se vuoi quinci
uscir, tràtti; compar, quella panciera:
a vomitar bisogna che cominci
ciò c’hai nel corpo, e che ritorni macro,
altrimenti quel buco mai non vinci».
Or, conchiudendo, dico che, se ’l sacro
Cardinal comperato avermi stima
con li suoi doni, non mi è acerbo et acro
renderli, e tòr la libertà mia prima.
(Satira I, 247-265)