Anche un'indicazione semplice come quella di
osservare il respiro può essere fraintesa. Alcuni la
interpretano nel senso che si tratti di 'pensare al respiro'.
Non è la stessa cosa: la pratica non consiste nel 'pensare
al respiro', consiste piuttosto nello 'stare con il respiro',
nell'osservarlo, nel sentirlo. È vero, quando la mente
divaga, pensare al respiro lo riporta al centro della tua
attenzione: dopo di che, tuttavia, lasci andare il pensiero
e torni semplicemente a osservare.
Le istruzioni su come rapportarsi ai pensieri che si
presentano durante la meditazione sono anch'esse spesso
fraintese. Non implicano che pensare sia male e che tu
debba reprimere i pensieri per concentrarti sul respiro,
sull'esplorazione del corpo o su una posizione yoga. Il
modo di rapportarti ai pensieri è osservarli come
pensieri, esserne consapevole come eventi nel campo
della tua consapevolezza. Poi, a seconda della tecnica
che stai praticando, puoi fare diverse cose. Se stai usando
il respiro come ancora dell'attenzione, puoi lasciare
andare i pensieri, non appena ti accorgi che hanno
catturato la tua attenzione, e ritornare a osservare il
respiro. Lasciare andare non significa tuttavia cacciar via,
reprimere o cancellare i pensieri: è una cosa molto più
delicata. Vuole dire, semplicemente, lasciare che i
pensieri facciano quello che vogliono, mentre tu riporti
l'attenzione al respiro e ve la mantieni più che puoi,
momento per momento.
In un altro tipo di pratica, che a volte facciamo per
qualche minuto alla fine di una sessione di meditazione,
quella della 'consapevolezza senza scelta', osserviamo il
pensiero stesso. Portiamo l'attenzione al flusso del
pensiero, senza preoccuparci particolarmente del
contenuto dei pensieri (pur essendone consapevoli), ma
semplicemente notando la loro presenza e cercando di
vederli semplicemente come pensieri, lasciandoli andare
e venire senza venire risucchiati dal loro contenuto.
Nella pratica della consapevolezza non ci sono
pensieri 'buoni' e 'cattivi'. Non censuriamo i nostri
pensieri, e non li giudichiamo, mentre li osserviamo.
Forse troverai che questo non è facile, specialmente se sei
stata condizionata fin dall'infanzia a ritenere 'cattivi' certi
pensieri e a ritenerti 'cattiva' tu stessa per averli. La
pratica della consapevolezza è molto tollerante. Se un
certo pensiero o un certo sentimento è presente in noi,
perché non ammetterlo ed esaminarlo? Se reprimiamo i
contenuti che non ci piacciono, per privilegiare quelli che
ci piacciono, compromettiamo la possibilità di vederci
con chiarezza e di conoscere più profondamente la realtà
della nostra mente.
È qui che interviene l'accettazione. È molto importante
ricordarci di essere delicati e amorevoli con noi stessi,
mentre ci apriamo alla consapevolezza non solo del
respiro, ma di qualsiasi cosa il momento presente ci
porti. La tendenza della mente è invariabilmente quella a
distrarci da una profonda osservazione di noi stessi, ad
allontanarci dalla consapevolezza del nostro stato
interno. La mente è affascinata dalle circostanze esterne,
da ciò che abbiamo da fare oggi, da ciò che sta
succedendo nella nostra vita. Ma quando questi pensieri
catturano la nostra attenzione e ci lasciamo coinvolgere
dal loro contenuto, in quel momento la nostra
consapevolezza svanisce. Perciò, la vera pratica non
dipende dalla tecnica che usi, ma dal tuo impegno a
mantenere viva una saggia attenzione, momento per
momento, dalla tua disponibilità a vedere e lasciare
andare, a vedere e permettere, qualunque siano i
pensieri che occupano la mente.
Durante la pratica possono sorgere altri problemi,
oltre a quello di fraintendere le istruzioni. Uno è quello
di pensare che stai arrivando a dei risultati.
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